In una minuscola stazione di Roma, c’e’ un piccolo altarino. Una madonnina in vetrina, con una preghiera dedicata ai ferrovieri. E’ incisa coi caratteri del ventennio.
E tutto attorno sono fiori, acciaio e neon, rotaie, sassi anneriti e gallerie.
Quando giocavo con il trenino elettrico pensavo che solo quello fosse finito, chiuso, circolare. E che i treni, quelli veri, quelli dei grandi, potessero arrivare ovunque perché i binari erano cosi: paralleli e infiniti.
E allora se salivi su un treno in Liguria potevi spingerti fino in fondo all’Africa o davanti al Giappone.
Da grande ho capito che le cose non stanno proprio così ma che con un treno puoi arrivare davvero lontano.
E allora laggiù, alla fine della galleria di questa piccola stazione romana riesci quasi a intravedere il binario 21 della Centrale di Milano e la torre faro che gli sta a fianco.
Duecento giorni fa, quattro ferrovieri sono saliti su quella torre per protestare contro il loro licenziamento e contro la soppressione dei treni notturni, i wagon lits.
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