“Mi dai una mano?”. È stata una frase fin troppo banale a farmi spalancare gli occhi sull’abisso. Il giovane ufficiale dell’ufficio stampa aveva bisogno di un aiuto per tagliare e montare il filmato.
Era il 6 ottobre scorso.
Era Lampedusa.
Era un video subacqueo, girato dai sommozzatori.
Quando vidi la stiva piena di braccia e gambe, pensai ad Auschwitz.
Quando vidi i capelli lunghi e neri che uscivano dall’oblò e si muovevano come una murena, voltai lo sguardo.
Quando vidi quella bambina, gli chiesi di smettere.
La cosa che mi impressionò di più, furono quei dieci ragazzi stesi sul fondale in pose e slanci inimmaginabili. Sembravano vivi.
Avevo sempre pensato che gli affogati dopo qualche ore riaffiorassero. In quell’occasione scoprii che non era vero. Dipende dalla temperatura del mare sul fondale, dalle modalità dell’annegamento, addirittura da vegetazione e fauna marina.
Un sommozzatore mi aveva raccontato lo strazio di riportarli sù, ad uno ad uno. Quando vai a ripescare un corpo sul fondale, mi disse, appena lo tocchi quello ti abbraccia. Roba di correnti marine e di inerzia. “Devi far di tutto per non guardarlo in faccia, sennò il ricordo non ti abbandonerà mai nonostante l’addestramento”.
I sub al lavoro a Lampedusa dopo il grande naufragio dell’ottobre scorso hanno dovuto vivere questo orrore per trecentosessantasei volte. 366 abbracci mortali e sottomarini.
Il filmato che stavo visionando durava quasi dieci minuti ed era uno dei primi girati laggiù, dentro il relitto del peschereccio. Continua a leggere
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L’ultimo abbraccio
3 commenti | Tag: 3 ottobre, barconi, emergenza, eritrei, immigrants, immigrazione, Lampedusa, migranti, naufragio, sbarco, Shipwreck, sommozzatori, sos impresa, strage, unione europea | Pubblicato in: Il blocco degli appunti
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