Un tempo (o forse solo nella fantasia) il cronista di nera faceva il lavoro sporco.
Bazzicava locali ambigui, incontrava personaggi della zona grigia, viveva a perenne cavallo tra giorno e notte, legalità e illegalità, gioco pulito e scorrettezza.
Per un breve periodo ho incrociato le strade di Avetrana e passeggiato nel bosco delle Casermette, tra Ascoli Piceno e Teramo.
Sarah e Melania, due donne uccise, due misteri su cui tutti i tg si sono scatenati.
Di queste due esperienze conservo un ricordo preciso.
Una strana vicinanza tra i colleghi del network privato e le famiglie di vittime e carnefici.
Porte chiuse per tutti e interviste esclusive per loro. Si vociferava di somme pagate, di pratiche illegali, di favori.
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Il lavoro sporco
Un’inchiesta difficile
Fino a ieri erano la 279, 283, 284. Tombe con su scritto IGNOTO e un numero. Dodici lapidi senza nome
Uomini e donne. Vite bruciate dalla furia nazifascista, il 24 marzo del ’44 alle Fosse Ardeatine a Roma.
Vite annientate come rappresaglia per l’imboscata partigiana del giorno prima.
L’italia ha deciso di provare a dare giustizia a queste vittime, 67 anni dopo il loro massacro.
Il Ris dei Carabinieri aveva una lista con dodici nomi e dodici resti umani. Bisognava mettere assieme nomi e corpi. Un rebus. Un’inchiesta difficile, complicata, in cui sono state applicate le moderne tecniche di indagine criminale ad un crimine storico.
E da oggi due lapidi hanno un nome e un cognome. Ne restano dieci anonime. L’inchiesta prosegue.