Io credo nel bugiardino. Mi rassicurano le sue indicazioni, accetto volentieri le sue precauzioni, giro alla larga da possibili controindicazioni, studio le sue interazioni e avvertenze speciali, mi adatto alla sua posologia.
Ho imparato quest’inverno, prima mica era così.
Prima no, non mi ammalavo mai. Ma ora a casa mia, in arrivo direttamente dal nido comunale e dalla scuola materna, girano i peggiori germi, i batteri più cattivi, i virus più agguerriti.
Roba da laboratorio supersegreto per la guerra batteriologica.
Ed è così che ho imparato a leggere quelle righe scritte fitte fitte, quei componenti coi nomi da mitologia greca: ergotamina, azitromicina, ciclosporina, midazolam, teofillina.
Anche ora, che è quasi estate, non riesco a liberarmente.
E allora giù di Zitromax, Fluimucil, Ventolin.
Aria, aria, aria.
Era ora!
Inspira, espira, respira.
E quando mia madre al telefono mi chiede: “Ma hai provato col propoli?”, la risposta è solo una.
Io non credo nelle api. Io credo nella chimica farmaceutica.
Effetti desiderati
Ciao Presidente
Sale per ultima e nemmeno me ne accorgo. Solo quando si rialza per sistemare trolley e impermeabile nella cappelliera, la riconosco. Ha i modi fulminei di chi ha passato quasi più tempo in aereo che a casa.
Laura Boldrini l’ho conosciuta, come tanti colleghi, a Lampedusa.
Era con noi sul molo, ad aspettare i barconi.
Era con noi quando serviva un’intervista al volo.
Era con noi da Roma, quando ti chiamava, ringraziando per la sensibilità mostrata in un pezzo.
Quando la vedo sull’AZ Genova Roma ho l’istinto di alzare la voce e dire: “Ciao, Laura!”.
Ma mi fermo, davanti alla Presidente della Camera dei Deputati.
L’aereo decolla e comincio a calcolare la distanza che ci separa. Io sono seduto al 25C, lei almeno dieci file più avanti. Sarà al 15C. Vuol dire quasi 60 persone tra di noi. Poi inizio a pensare a come salutarla. E vado in tilt.
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Fronte del porto
Me lo avevano raccontato sempre e non ci avevo creduto mai. Ora che tutto sta per finire, so che avevano ragione. Che era tutto vero.
Questa è un’altra cosa. Un’altra città, comunità, famiglia.
Sono 30mila e sono orgogliosi, ostinati, testardi. Ruvidi come la buccia delle ananas appena scaricate e morbidi come la schiuma del cappuccino con cui accompagnano la focaccia del mattino.
Se ti alzi presto e passi il varco che li separa dalla città, vedi cose che non avresti immaginato.
Fronte del porto, Genova.
Ognuno qui indossa una pettorina, una tuta, una divisa. Le loro insegne sono eliche, delfini, ancore, onde e rose dei venti.
Vivono sospesi per aria, nella cabina di comando di una gru. Fanno aprire e chiudere il mare, dentro enormi bacini di carenaggio. Trattano lo scafo di una nave come il corpo di una donna. Continua a leggere
Non é un paese per nessuno
Giornata di sole, decisione inevitabile: si va ad ascoltare un concerto nel giardino del Museo dei Bambini. Esco di casa coi 3 figli: due sul passeggino gemellare e uno mano nella mano.
Sono un padre eroe, ce la farò. Abbiamo la fortuna di vivere nei pressi della metro. E se vivi vicino alla metro, in qualsiasi città del mondo, puoi andare ovunque.
Non qui.
Non a Roma.
Non in questo paese.
La linea A conta 27 stazioni. Di queste, solo 11 sono provviste di ascensore. Le due stazioni vicino a casa mia, per fortuna, sono tra queste. Arriviamo davanti alla prima e ci fermiamo: padre eroe, bimbo 4enne e passeggino gemellare davanti alla porta automatica dell’ascensore che si apre/chiude in continuazione, nelle orecchie un messaggio automatico che ci informa “ascensore al piano, scendere”.
Inutile aggiungere che noi 4, su quell’ascensore, nemmeno riusciamo a salirci. Verremmo ghigliottinati dalla porta automatica in tilt. Continua a leggere
La musica è iniziata
Ricevo e volentieri pubblico questo McMM (Manifesto contro la modernità musicale). Considerate che l’autore, oltre ad essere un mio grande amico, è un nostalgico frequentatore di negozi di dischi.
Mai avuto la sensazione di essere raggirati?, così John Lydon/Johnny il Marcio, sul palcoscenico, una versione del Gobbo di Notre Dame riscritta da Dickens e allevata da Iggy Pop, durante l’ultimo concerto dei Sex Pistols.
Già: Mai avuto la sensazione di essere stati raggirati?
Beh, la risposta naturale è:
no, mai.
Per il semplice motivo che una volta che la sensazione arriva, se arriva, il raggiro è compiuto. E la sensazione è necessariamente in ritardo. Chi acquista acqua di fonte credendo sia il rimedio a tutti i mali se ne accorge al primo sorso o, più facilmente, quando i mali rifiutano di andare via, qualche giorno dopo la supposta bevuta salvifica. E a quel punto, il prezzo è già pagato.
Ascoltare musica, per usare una frase da romanzo di Moccia, è come respirare: capita a tutti, punto e basta.
Ognuno poi ci fa quello che vuole, con l’ascoltare musica. Come col respiro: ci puoi semplicemente attraversare la vita, finché dura, o diventare campione del mondo di immersione in apnea.
Un modo banale di ascoltare musica è (era) comprare dei dischi. E poi metterli in ordine su scaffali/librerie/scatole da scarpe. E ascoltarli ma anche magari guardarli, leggere i libretti, giocare a riconoscere le costine da lontano.
S’inizia (iniziava) per caso, si finisce (finiva) sepolti dalla plastica: vittime di un consumismo che si presume nobile perché in qualche modo, culturale.
L’inizio è un disco, la fine un sacco di dischi: semplice, spietata matematica.
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