Aveva sempre pensato che la noce moscata si chiamasse così in onore di quella misteriosa città. E si era sempre sbagliato. Muscat aspettava la notte con la tranquillita’ di chi sa che il giorno dopo sarà una giornata ancor più luminosa.
Nel piccolo locale con i tavoli di legno e gli uomini in tunica bianca, si serviva solo hareis ma owaal.
Gli piaceva quel miscuglio di grano cotto a vapore, peperoncino, lime, cipolle e squalo essicato.
Giù al suq, nel pomeriggio, aveva visto intere ceste con la carne del pescecane riarsa dal sole, in mezzo a sacche di juta rigonfie: cardamomo, zafferano, curcuma, summacco e noci moscate.
L’Oman era il regno delle spezie. Ma la noce moscata non c’entrava davvero nulla. Muscat vuol dire ancoraggio. E qui, su quei moli di pietra ocra davanti al suo tavolino, da secoli attraccavano portoghesi, indiani, persiani, yemeniti, somali.
Si sarebbe imbarcato anche lui, al mattino seguente, ancor prima dell’alba.
Lo aspettava un bedam, l’antica imbarcazione omanita. Un lungo scafo allungato in tek indiano per tagliare il mare e dirigersi a nord, verso lo stretto di Hormuz, e entrare finalmente nel Golfo Persico.
Era l’ultima tappa del suo lungo viaggio e l’avrebbe fatta domani, anche perchè il commesso della Feltrinelli cominciava a guardarlo male.
Il ragazzo chiuse la Lonely Planet “Oman, Yemen, Emirati Arabi Uniti”, controllò di non averla rovinata e la ripose sullo scaffale.
Ebbe l’impressione che, come lui, altri due ragazzi stessero leggendo la guida turistica di un viaggio che non avrebbero fatto mai. Papua Nuova Guinea e Mongolia.
Andò verso l’uscita e si ributtò nel traffico impazzito della grande città.
23 giugno 2013 at 5:48 PM
L’ha ribloggato su carlenrico.
23 giugno 2013 at 5:49 PM
GRAZIE PER QUESTE SENSAZIONI CHE MI HA TRASFUSO
23 giugno 2013 at 7:50 PM
Ma guarda, ci son stato e il suk deborda di roba cinese… I succhi di frutta non sono male, comunque
24 giugno 2013 at 9:46 am
bentornato! pillole di fantasia, belle.