Il caposquadra si avvicinò e disse a una decina di noi: “Chi si offre per un lavoro di concetto?”. Alzai la mano per primo. Ero sudato e stanco e mi sembrava una buona via di uscita.
Un lavoro di concetto, chissà cosa mi sarebbe capitato. Contare bulloni, riordinare il camerino, coordinare un gruppo di operai.
Nulla di tutto ciò. Concetto era Concetto e non concetto. Un altro caposquadra a cui servivano braccia per smontare un cancellata pesantissima e la notte sembrò non finire più.
E’ solo un piccolo, minuscolo, inutile ricordo di quelle tre volte in cui mi sono ritrovato a montare e smontare il palco di un concerto. Zucchero, Battiato, Mannoia. Era il 1999, studiavo alla scuola di giornalismo di Perugia e 50 mila lire per un giorno di lavoro non mi sembravano male. Una banconota spiegazzata che passa da una tasca all’altra senza una stretta di mano, senza un contratto, senza lasciare traccia.
E’ un lavoro di fatica, massacrante. E non finisce mai. Puoi vedere il concerto senza pagare il biglietto ma lavori almeno 7 ore prima e 5 ore dopo.
Smontare è più veloce di montare.
Costruire l’impianto per un grande è come lavorare in un cantiere. Oggi a Reggio Calabria Matteo Armellini è morto, travolto dal palco di Laura Pausini. Tre mesi fa Francesco Pinna è rimasto stritolato dal palco di Jovanotti a Trieste.
In entrambi i casi, la notizia è stata data in apertura nei telegiornali nazionali e pubblicata in prima pagina il giorno dopo. Eppure ogni anno in Italia muoiono quasi mille persone sul posto di lavoro e nella stragrande maggioranza dei casi, la notizia viene riportata nei trafiletti delle edizioni locali.
E allora il sospetto è che facciano notizia il dolore di Laura Pausini e di Jovanotti piuttosto che le morti di Matteo e Francesco.
5 marzo 2012 at 7:01 pm
Bravo. Hai centrato il problema. Come sempre .